Gli obblighi informativi dell’agenzia di viaggio e il principio di autoresponsabilità del consumatore

Gli obblighi informativi dell’agenzia di viaggio e il principio di autoresponsabilità del consumatore
31 Agosto 2020: Gli obblighi informativi dell’agenzia di viaggio e il principio di autoresponsabilità del consumatore 31 Agosto 2020

Con la sentenza n. 14257/2020, depositata in data 8.7.2020, la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi nell’ambito di un rapporto di consumo, si è interrogata in ordine alla posizione del consumatore: se cioè debba sempre essere considerata “debole” e, quindi, sempre e comunque meritevole di protezione.

IL FATTO. Tizia aveva stipulato un contratto di viaggio turistico collettivo con l’Agenzia di viaggio Beta della durata di nove giorni complessivi, che prevedeva la permanenza di cinque giorni in Siria e tre in Giordania.

Al rientro dal viaggio, Tizia aveva deciso di convenire in giudizio l’Agenzia di viaggio Beta, per ottenere il risarcimento di tutti i danni, anche non patrimoniali da vacanza rovinata.

Era accaduto, infatti, che Tizia, durante il viaggio, una volta giunta all’aeroporto di Aleppo, era stata ivi trattenuta per 12 ore dalla polizia siriana, per la presenza sul passaporto di un timbro giordano. 

Tizia eccepiva la violazione, da parte dell’Agenzia di viaggio Beta, degli artt. 87 e 88 del d.lgs. 206/2005 (articoli abrogato dall’art. 3, comma 1, lett. m), d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79) per non essere stata informata in modo adeguato circa le condizioni applicabili al cittadino di uno Stato membro della UE in materia di passaporto e visto per entrare in Siria.

L’Agenzia di viaggio Beta contestava la sussistenza di qualsivoglia responsabilità, assumendo di aver fornito una nota informativa a Tizia cinque giorni prima della partenza.

Il Giudice di primo grado rigettava la domanda di parte attrice ritenendo che, avendo ricevuto l’opuscolo informativo prima della partenza, ben avrebbe potuto, quindi, prima della conclusione del contratto, chiederne l’annullamento e la restituzione della somma versata.

La sentenza veniva confermata anche in appello e, dunque, Tizia decideva di ricorrere avanti la Corte di Cassazione.

LA DECISIONE.  La questione sottoposta all’attenzione della Corte è quella relativa alla violazione di uno specifico obbligo di informazione precontrattuale di cui era destinata Tizia, nella sua veste di consumatrice/acquirente di un contratto di viaggio organizzato.

La Suprema Corte ha, anzitutto, evidenziato come rappresenti “una costante della normativa consumieristica” la circostanza che “l’obbligo di trasferire informazioni da chi agisce come professionista o imprenditore nel mercato verso chi versa, per definizione normativa, in una situazione di svantaggio informativo opera anche nella fase che precede la conclusione del contratto”.

La decisione assunta dal Giudice di merito, appare, ad avviso della Corte, in linea con la “tendenza più recente ad individuare una misura di ragionevolezza cui devono attenersi le misure consumeristiche, onde non sbilanciare la tutela del consumatore, favorendone gli abusi (cfr. ad esempio, Corte di Giustizia, causa C-412-06, causa C-489/17, causa C-511/089): cioè quanto sarebbe avvenuto, nel caso di specie, ove avesse assecondato la richiesta di tutela di chi lamentava un pregiudizio informativo solo nominale e che, non potendo addurre una parzialità informativa che avesse davvero inciso sul consenso, non risultava affatto pregiudicato”. 

Dunque, la Corte ha aderito all’impostazione seguita dal Giudice di merito, il quale piuttosto che anteporre il “c.d. dogma formalistico che vuole il consumatore in una situazione di presunzione assoluta di debolezza, sempre e comunque meritevole di protezione” ha privilegiato “l’opposta soluzione ispirata al principio di autoresponsabilità del consumatore”.

Il giudice di merito ha, quindi, ad avviso della Suprema Corte, ritenuto correttamente che “la disponibilità per iscritto, qualche giorno prima della partenza, dell’informazione di cui Tizia aveva bisogno e che la stessa, evidentemente con negligenza non aveva utilizzato, non le avesse provocato alcuna conseguenza pregiudizievole suscettibile di essere risarcitoriamente compensata”.

La Corte ha, quindi, rigettato il ricorso.

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